giovedì 7 marzo 2013

Dicotomia (seconda parte)


Margot si stava cambiando e Riccardo rimase a guardarla affascinato dallo spiraglio della porta che aveva lasciato semi-aperta. Seduto in poltrona faceva roteare fra le mani il bicchiere con il drink che si era preparato, fingendo di interessarsi al programma che davano in tv. Margot non era mai banale, ma quando erano insieme lei amava costruire il suo personaggio. Esasperava il trucco e gli indumenti che amava indossare erano quasi sempre neri, di pelle e molto aderenti. Spesso Riccardo aveva pensato che tutto quel costruire oscurava le grazie di Margot anziché aumentarle, ma nei loro giochi perversi lei si sentiva a posto abbigliata alla sua maniera, la capiva e non lui disdegnava. In fondo non era lui al comando.
Quel venerdì non erano questi i pensieri che correvano nella testa di Riccardo. A metà strada della trasformazione, Margot si specchiò, ammirandosi. Lui non poté fare altro che far finta di non guardarla, questo le aveva promesso e il desiderio di assaporare la sua pelle cresceva di pari passo con il corpo di lei che veniva coperto dal lattice nero lucido. Margot afferrò la lampo e la tirò verso l’alto umettandosi le labbra dipinte. Riccardo, nudo in poltrona nel corridoio che portava alle camere della grande casa di lei, era eccitato e vibrante. Un’attesa che lo stava facendo impazzire. Il membro pulsava e cresceva e quasi sicuramente lei lo avrebbe punito. Non poteva far a meno di guardarla, una grazia felina anche nelle mani con le unghie laccate e curatissime, artigli che artigli non erano.
Appariva tutta lattice e rossetto, brillante in ogni dove, lo specchio alle sue spalle la rifletteva, così da poterla guardare da ogni angolatura. Era tutto in mostra, spremuto nei modi giusti, i seni appena contenuti dalle coppe del lucido corsetto e dalla lampo che non era chiusa del tutto, pericolosamente strabordanti. Adorava quei seni, leccarli e donarle piacere, sensibili al tocco della lingua si gonfiavano sotto i suoi tocchi, sotto i suoi esperti movimenti della bocca. Il ventre piatto coperto dal pantalone aderiva perfettamente al suo corpo, i glutei sodi e pieni contenuti e alti, intravedeva la fessura aperta sulla vagina, dove spiccava il roseo della pelle glabra.
Tuttavia la luce della camera era scortese, troppo sterile e senza calore, appena le avrebbe permesso di entrare si era promesso di accendere delle candele. La fiamma tremula delle candele donava alla stanza un tocco diverso, caldo e accogliente. Riccardo sorrise scaricando in gola l’ultimo sorso del suo bicchiere. Si alzò disobbedendo agli ordini di Margot ed entrò in camera.
“Margot… Padrona, siete la mia divina creatura.” Fu una ulteriore dichiarazione di resa. “Non ho potuto fare a meno di ammirarla e ho bisogno delle sue attenzioni. La prego…” Si inginocchiò ai piedi di lei, calzati in una decoltè nera dal tacco altissimo, ne inalò il profumo e rimase in attesa guardandola supplicante.
Margot gli sorrise, lo guardò a sua folta, scandagliando il corpo nudo del suo schiavo e si soffermò per qualche istante sul membro eccitato e pulsante. “Sei un monello perverso. Non sai attendere.” Lo lasciò in ginocchio, prese il frustino in mano e si sedette sul bordo del letto con le gambe semi-aperte, in una posa elegante e al tempo stesso invitante.

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