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sabato 10 agosto 2013

Un brivido, l'ultimo


Dopo notti insonni passate a parlare, dopo giorni passati a pensare a questo momento, finalmente ci siamo incontrati. Si agitava sulla sedia, prendeva coraggio con del liquido ambrato e giocava nervosamente con i capelli. Mi avvicinai a lei, chiuse gli occhi, mentre il respiro le si fermò in gola per un istante. La osservai: tacchi vertiginosi, il vestito nero che poco lasciava immaginare, le labbra imbronciate sotto il rossetto; un rosso intenso, brillante, impudico. Passai le dita fra i suoi capelli, infilando una ciocca dietro il suo orecchio. Brividi le affiorarono alla pelle, la sentii malleabile sotto il mio tocco, desiderosa di diventare il mio capolavoro. Lasciammo il bar. In macchina si toccò giocosa, obbediente a un mio ordine, a smorzare le sue paure. Appena in casa, la spinsi faccia al muro. Sul suo corpo ancora un brivido, l’ultimo, mentre la lama le sfiorò la schiena, tagliando il vestito. E poi affondare in un colpo solo.

venerdì 29 marzo 2013

Buongiorno Maestro

Il letto era grande, Troppo grande solo per me, troppo spesso nessuno al mio fianco, scaldata dalle sole coperte.
Quel mattino qualcosa era cambiato, il risveglio piacevolmente illuminato dalla luce del mattino. Un odore persistente bazzicava nell’aria, aromi da molto tempo dimenticati. Il sesso era lì, confuso con l’odore di lui. La stanza permeata di sesso, mista all’odore di sapone, sembrava stranamente salata. Inspirai l’aria a pieni polmoni, mentre le guance si accesero di rosso. Aprii gli occhi e fissai il soffitto. I ricordi della notte appena passata passarono pigri nella mente, anche se le mie mani iniziarono a tracciare cerchi sulla pelle, lentamente, verso il ventre. Il ghiaccio era stato l’antipasto, gocce scintillanti avevano tracciato un contorno sui capezzoli, per finire giù, all’interno delle cosce. Ricordai le corde, che avevano scavato la pelle dei polsi, mentre mi contorcevo sciogliendo, con il calore del corpo, il gelido abbraccio; i capezzoli indolenziti dai morsi, i palpiti pesanti, la mente piacevolmente riempita, non più il vuoto. Affiorarono immagini: la cintura stretta al mio collo, la fibbia premuta con forza contro la nuca, mentre il suo cazzo affondava da dietro. E ora, con le mani sul mio sesso, tremai ancora, ricordando le sensazioni, la lingua improvvisamente sulle labbra per assaggiare l’aria. Era come stessi assaggiando il suo cazzo, di nuovo. Ma erano sapori fantasma, e tutto questo poggiava sulle mie papille con troppa debolezza. Potevo avvicinarmi a lui, svegliarlo assaporando di nuovo la sua pelle, invece allungai una mano a toccarmi, le labbra ancora gonfie, il clitoride teso e in attesa. Mi trastullai a darmi piacere, piacevolmente egoista. Guardavo lui, profondamente addormentato, e affondavo le mani e le dita dentro di me. Sorrisi. Il suo respiro quiete fu un richiamo, le labbra leggermente socchiuse. Delicatamente mi posizionai sopra il suo viso, senza toccarlo. Continuai a toccarmi e le prime gocce di umori colarono sulle sue labbra. Aprì gli occhi anche lui e solo allora avvicinai il mio sesso alla sua bocca, per farmi lambire, succhiare, leccare, premere, spremere, spingere e… “oh… si!!!!”

venerdì 8 febbraio 2013

Dieci


Dieci, sono arrivata alla vittima numero dieci. Lui aprì gli occhi, lessi un barlume di sfida, lo sguardo ironico e una smorfia in bocca, improvvisamente smorzati quando comprese di essere legato.  Leccai il suo viso imperlato da sottili gocce di sudore,  imprimere sulle labbra il gusto della paura era divenuta una costante.  “Lo specchio è li…” dissi tirandolo per i capelli, obbligato a guardarsi. “Scegli tu, vuoi vedere come si soffre o…” Perse completamente la sua spavalderia, piagnucolò pregandomi di non fargli male. Un ghigno mi attraversò le labbra, lo imbavagliai. Costretto a guardarsi, non lo bendai, infilai lo strap-on nel suo pertugio in un sol colpo e accompagnai i successivi urlandogli: “Nadia…” Accanto a lui la mia firma: “La Fustigatrice di culi pelosi  non perdona.”

La prima volta


Sensazione incandescente e profonda, mi colse alla sprovvista in un primo momento. E quel formicolio lungo la schiena! Erano stati quei piccoli tocchi, sfioramenti della pelle appena accennati, mentre i nodi si chiudevano veloci sulla sua pelle, le mie corde si avvolsero pretenziose, con più vigore di quanto avessi mai pensato di avere. “Fagliela pagare…” Quelle due parole rimbalzarono da una parte all’altra del mio cervello e seppur per gioco, una realtà quella vendetta a comando. Sentivo in me un passeggero oscuro che mi istigava, un demone che si beava di istanti di vita. E lui, li, la mia opera d’arte, strumento e creazione assieme. Impossibilitato a muoversi, mi guardava agghiacciato, in attesa e tremante. In un moto istintivo di coscienza, lo bendai, prima di prendere la frusta in mano e indossare lo strap-on. Un ultimo sussurro al suo orecchio: “Da parte di Tonia…” e la nuova eroina battezzò la sua prima vittima. Accanto a lui la mia firmai: “La Fustigatrice di culi pelosi è in città”.

martedì 22 gennaio 2013

Il sogno


Il vento ululava tra gli alberi fuori dalla finestra. Un inverno gelido. Neve e vento colpivano i vetri creando disegni da fiaba. Cercai di dormire, quella notte, sola nella nostra casa. Ma una notte come quella era stata progettata per rimanere in compagnia dei fantasmi che popolavano i miei sogni e la mia mente. Lui mi disse: “Fai qualcosa di divertente in mia assenza, scrivi, crea i tuoi mostri sulla carta, sbattili nella realtà, falli evaporare, trasformali in inchiostro liquido e imbratta quel cazzo di foglio bianco che aspetta da tanto tempo di essere riempito…” lo ripetè sorridendo più volte prima di andarsene, conosceva la mia capacità di creare un dramma dal nulla. Amava il mio spirito creativo, ma conosceva anche il suo costo. Mi spaventavo e cadevo in depressione sulle ondate del vento. Odiavo il vento e tutti i suoi lamenti. Lui si era allontanato per lavoro, la giornata era finita e mi apprestavo ad affrontare la notte. Nella camera solo il buio e il freddo. Chiusi gli occhi e pensai a lui, sperando mi avrebbe cullata e sostenuta nel sonno. Vagai con la mente, mi avventurai oltre la finestra, al di la del vento urlante, raggiunsi un letto a centinaia di chilometri di distanza. Un luogo tranquillo, una stanza immersa in una luce morbida, illuminata da un lampione, in strada, che teneramente tentava di gettare una luce debole al di la dei vetri. Lo vidi, immerso fra le coperte, respirava tranquillo nel suo sonno. Si mosse leggermente, mentre mi avvicinai: “Se posso guardare in un sogno, perché non toccare?” Tirai indietro le coperte. Dormiva nudo, come sempre. Il suo fisico forte, nonostante l’età. L’aria fresca lo scosse e si girò supino, un braccio sopra la testa e uno lungo il fianco. Respirò profondamente, immerso nel sonno. La sua virilità esposta al mio sguardo affamato. Con attenzione a non svegliarlo, salii sul letto e mi sistemai fra le sue gambe. Il suo profumo così vicino e inebriante. Con una mano, esitante, sfiorai la lunghezza del suo membro, la pelle era così morbida, la testa chiedeva di essere baciata. Avevo riempito la gola tante volte del suo potere, ma ogni volta era come se fosse la prima. Accarezzai i testicoli, baciai il glande e poi lo infilai tra le labbra bagnate. In un primo momento la sua unica risposta fu un flebile gemito. Ancora troppo lontano, nel sonno, per comprendere consapevolmente la mia presenza. Ma il ritmo incalzante di un piacere così intenso, non poteva essere eluso per sempre… si svegliò. E una mente sveglia, significava anche un membro sveglio. “Prendilo fino in fondo.” Sussurrò. Immersi il suo pene tra le labbra, si stava indurendo dentro la mia bocca calda e umida. Le mani di lui guidavano la mia testa, tenendola in posizione per istanti interminabili. Lacrime affiorarono agli occhi per la mancanza di aria. Per essere stato svegliato dal sonno dalla carezza umida di un amante, quello era il modo di ricambiare il favore, sciogliere l’animale rabbioso che era dentro di lui. Continuò a scoparmi la bocca, prepotente e incessante, fino al momento in cui riuscì a festeggiare sulla mia pelle, imbrattandomi di liquido caldo. Non era finita. Lui si alzò dal letto e io mi trovai sollevata e scaraventata a terra. Le gambe, rivestite di calze a rete, sorrette dalle stringhe del corsetto rosso che stringeva il mio corpo, divaricate. Ai piedi le decolté rosse come il corsetto, un regalo dell’ultimo San Valentino. Le natiche esposte un richiamo per le sue mani. Il suono della sculacciata colpì la mia mente, più del senso acuto di dolore. Le mani imprimevano il loro marchio sulla pelle, le morbide carni del sedere si stavano scaldando. Poi… le dita si immersero dentro, tra i petali carnosi e rosei. Non rimase deluso, lo sentii sussurrare la parola: “Puttana…” in tono quasi minaccioso. Il mio mondo esplose. Le dita bagnate dei miei umori si spostarono sul mio ano, spinse in profondità, rovistando, mentre il suo pene entrò in un colpo lungo e profondo nella vagina. Strinsi le lenzuola fra le mani, mugolai, piansi, poi lo pregai. Le dita e il membro premevano incessanti, riempivano il vuoto. Scacciai via il freddo, la notte e il vento urlante per raggiungere un’oscurità di gran lunga più potente e infinitamente bella. La mente si perse. Il sogno perfetto. Trasportata da un orgasmo della mente, il mio corpo si scosse, e mentre mi liberai sentii uno schianto. Spaventata nel sonno, alzai il capo per guardare al di sopra delle coperte. La finestra della camera si era aperta, il vento soffiava trasportando piccoli rami e foglie, la neve entrava gelida e pungente. Borbottando contro la tempesta chiusi le finestre e mi fiondai sotto le coperte rabbrividendo. Chiusi gli occhi per tornare al mio sogno. Sapevo non sarebbe tornato, ma anche così percepivo un bagliore di serenità, come se lui fosse stato con me. Mi addormentai all’istante. Una luce intensa mi svegliò il mattino. Un sole brillante si specchiava sulla neve. Scesi dal letto e solo allora mi accorsi del corsetto che indossavo e delle scarpe rosse ai piedi del letto.

sabato 22 dicembre 2012

Perfida ed ammaliante troia

Volo sulle pareti della mente… e non solo.
C’è una strana calma che scivola nella mia mente, quando mi condanni a pene in cui non sei attivamente coinvolto. Mi metti in un angolo e mi guardi, immobile, senza espressioni apparenti. E io, nella calma della mia mente, sono instabile con il corpo, sono una cosa che si trova in bilico su un asse posto sopra una botte arrotondata, che si muove impercettibile verso di te. E’ qualcosa che assomiglia alla preoccupazione, il mio muovermi, ma anche una specie di curiosa aggressività… e tu lo sai, sai che non riesco a rimanere immobile. Sai che le mie attese sono pene profonde… sono macigni nel cuore. Ma tu vuoi vedere dentro la mia testa, vuoi imprimere momenti di quiete, vuoi costringermi a riflettere sulle mie azioni. Ah, cosa daresti per essere una stilla di sangue che scorre dentro le mie vene e irrora il mio cervello, cercando la verità dentro di me e non solo nelle mie smorfie di attesa, E lo so, vorresti sapere se si tratta di rimorso o solo frustrazione quella che mi pervade, per non essere riuscita ad obbedire, per essere una mente in fermento e non sempre sottomessa. Vorresti sapere… sapere se mi dispiace almeno un po’.
Ti piacerebbe conoscere la mia opinione sulla punizione, vorresti sapere se funziona.
E io, in attesa di una tua parola, elenco mentalmente le cose che devo fare oggi, poi penso al sesso… inevitabilmente. E la tentazione è grande, anche in bilico. Vorrei far vagare la mano verso il mio centro pulsante, verso il cuore vitale e fremente. Vorrei giocare tra le carni calde, ma tu ancora non vuoi, lo vedo dal tuo sguardo. Cazzo, adesso vorrei che te ne andassi, vorrei rimanere sola nella stanza. Dai, su… vattene. Ma se non te ne vai, vieni qui e prendimi, usami. Sono una cagna vogliosa, pronta da usare, perché non lo vedi?
E tu, che fai invece? Rimani ancora li, a testimoniare il mio dialogo interno, ad argomentare silenzioso contro di me, arrivando a conclusioni inevitabili. Vorresti leggere i miei pensieri, dietro questo mio volto poco piacevole e sbeffeggiante, posta in un angolo come una bambina che ha messo le dita nel miele, e poi… alzo le spalle, tiro un sospiro e la voce esce piagnucolante: “Quanto mi manca? Sono stanca.”
E lui: “Lo vedi? Mi senti? Sono scivolato nella tua mente. So cosa vuoi. Implorami, e forse… dico forse… mi avrai,. Perfida ed ammaliante troia!”



Delicatamente e dolcemente cullato dalla pelle del corpo, fra le dolci lune dei seni, le sue labbra si appoggiano delicate, le dita ne sfiorano i morbidi contorni e i turgidi capezzoli, che si ergono ritti e fieri come regine in attesa del loro servo.
La lingua, con frenetica dolcezza li lambisce prostrandosi alla loro fierezza.
Lentamente la testa si abbassa e scivola con dolcezza sul corpo fremente.
Le mani mi accarezzano, seguendo d'appresso la bocca bollente, che lentamente scivola lungo il bacino a raggiungere le cosce morbide e sode.
Scende con dolcezza lungo le gambe fino a raggiungere la nervosa caviglia, a saggiarne il tenero sapore, mentre le mani si aggrappano voluttuose ai miei glutei sodi e provocanti.
Lentamente risale proiettando con la lingua la sua scia sull'altra gamba, le mani accarezzano i contorni e veloci raggiungono l'antro delle morbide labbra, sfiorandole e preparandole al passaggio della bocca che presto ne raggiunge le porte e le lambisce con lussuriosa voluttà...
Il ventre è fremente e la lingua al contatto con il duro clitoride con spavalda arroganza mostra la sua testa, pronto per farsi sfiorare con un delicato tocco di lingua...
Sento il fiume del piacere scorrere all'interno del mio corpo, un paradiso lussurioso e felice di essere attraversato da un fiero animale.
La lingua s'intrufola, scava, raccoglie il dolce nettare, si disseta.
Poi con mite dolcezza e candida lentezza penetra all'interno per esplorarne la via.
Appoggio le mani sul suo capo, premono affichè non smetta di lambire la strada infuocata e ne esplori ogni recondito passaggio
Docile e mansueta, senza farsi pregare, la piccola esploratrice esegue i passaggi assaporando i frutti copiosi che crescono e scendono lungo le carni tremule.
Un fremito ed un gemito profondo scuotono il corpo, in un lungo appassionato orgasmo che colpisce la lingua rendendola felice e gioiosa per l'esplosione di piacere donatole.

Non era una donna da scartare, ma realizzata. Sembrava ferita e malconcia, a volte, o per lo meno usata.
Ma questo era il punto. Lei non era stata utilizzata, ma utile. Aveva servito i suoi bisogni, il suo piacere e il suo desiderio. L'apice di tutto scritto ovunque.
Sul suo corpo, in cui aveva lasciato così tanti segni e in tanti modi che la fecero rabbrividire al ricordo.
Nel suo cuore, dove le sue parole, avevano lasciato tracce incandescenti.
Nella sua anima, che aveva riempito fino a farla traboccare.
Quel mattino sorrise alle prime luci del sole, sola nella sua camera. E lasciò che indugiasse quel sorriso, la metteva di buon umore, le piacevano le prime luci del mattino, le vedeva filtrare dalle persiane e pensava al nuovo giorno. Un nuovo giorno da vivere.
Ed erano suoi quei momenti, istanti da vivere in solitudine prima che il mondo iniziasse a girarle attorno e viceversa. Adorava quel vuoto così pieno, bisognosa di averlo di nuovo vicino e soddisfatta della notte appena conclusa con lui, nel dolore e piacere più deliziosi.
Presto sarebbe tornata a strisciare in ginocchio, dimostrando la sua forza e la suo gioia.
Per il momento, si cullava nelle sensazioni delle sue ultime carezze e del leggero tocco del calore del sole.

domenica 14 ottobre 2012

BUONA DOMENICA

Ignorò la preoccupazione sul mio volto, mentre aleggiava la rotella sul mio capezzolo, lasciando che il freddo del metallo mi colpisse a raggiera, in ondate di brividi a fior di pelle.
Lo stesso capezzolo sembrava quasi impaziente, impulsi lo fecero gonfiare e irrigidire, tradendo la mia mente.
Sembrava opportunamente terribile, lo stesso nome... rotella di Whartenberg...uno strumento di tortura che mi sembrava inopportuno per il mio piacere.
Morsi le labbra nel guardarlo, i miei occhi incollati a quelle punte che sembravano spilli, non ero libera di muovermi... i polsi imprigionati al letto da una fredda morsa metallica, inutile tentare di ritrarsi... chissà perché pensai all'arrosto che avevo lasciato nel forno, alle nostre domeniche e ai pranzi in compagnia di parenti ignari della nostra perversione.
Mentre la rotella premeva e girava attorno al capezzolo, l'altra sua mano stringeva l'altro seno, la pressione che imprimeva in aumento, uscì un lamento tentando di sottrarmi, sforzi inutili visto che lui si era seduto sul mio corpo, il suo membro rigido si faceva strada tra le cosce umide e calde.
Lasciò scorrere di nuovo la rotella attorno al capezzolo, lasciando puntini nel suo scorrere sul mio corpo, visibili per alcuni secondi, poi scomparsi come non fossero mai esistiti.
Il capezzolo sempre più duro, traditore... pugnalata in casa propria... eccitata mentre lui si muoveva tra le mie cosce, senza penetrarmi, trovando il clitoride duro e gonfio.
Gridai di dolore e piacere, la rotella schiacciava il capezzolo e tra le mie gambe l'orgasmo si faceva strada colando umori indecentemente.

sabato 29 settembre 2012

Io e lui

Non era piu' ventenne gia' da un po, aveva gia' dei figli adolescenti. Era una donna ancora piacevole nonostante l'eta'. Lui molto piu' giovane quasi un ragazzo, aitante e virile. Aveva un po di timore di quel nuovo 
rapporto, ma voleva viverlo con tutto il suo essere, dimostrando di poter essere ancora una Donna da desiderare. Il corpo morbido, il seno rotondo al punto giusto, i capezzoli turgidi, le curve dei fianchi burrose, le natiche piene e sode, le cosce lunghe si assottigliavo alle caviglie. La sua postura una sfida seducente. Si mostrava senza pudore a lui, si mostrava piena di sensualita' e lui si eccitava nel guardarla. Si toccava i seni e il pube in maniera accattivante, presto lui avrebbe sostituito quelle mani. I corpi nudi aggrovigliati, i respiri all'unisono, le labbra saldate assieme, le pelli esplorate, i sessi in fusione, uniti dallo stesso desiderio, alla ricerca del piacere, dell'onda sublime che porta all'oblio. Un amplesso che la porto' ad una nuova considerazione di se stessa... "non sono ancora scaduta"...

domenica 23 settembre 2012

Frammenti di C.

Frammenti di C.


Mentre scarto con cura il suo regalo....i suoi occhi su di me tutto il tempo .
Rimuovo il corsetto, esponendo il seno e roteando un capezzolo duro .... i suoi occhi rimangono su di me .
Scivola la mano tra le cosce della ragazza, le dita rivestite di succo da gustare come una caramella.... gli occhi suoi ancora fissi su di me.
Allarga le gambe, la bocca aperta, in estasi quando la mano la apre, a sondare la sua intimita', nonostante il desiderio di chiudere gli occhi per il piacere....gli occhi ancora fermi su di me, non mi lasciano un istante.
Quegli occhi che sto guardando ora, mentre le mani scorrevoli prendono familiarita' con il corpo che freme.....sono adoranti, riflettono i miei piaceri perversi.
Occhi che offrono tutto, cantano eccitazione....il regalo, il mio piacere, tutto e' aperto a me in questo momento.....mentre i suoi occhi mi permettono di vedere cio' che desidera.
Occhi che guardano, mentre il primo orgasmo fa tremare il suo corpo, la prima volta, felice, aspettando pazientemente il prossimo.....occhi che mostrano quanto vicino e' all'apice dell'onda di passione.
Quegli occhi che mostrano amore e affetto, senza parole, facendomi sapere che sara' sempre un mio prodotto, la mia migliore amica, per sempre la mia amante, la mia principessa, il mio angelo sporco.....ci sarà sempre e solo il suo essere, la sua natura, il suo esprimersi per me, in quegli occhi.
Mentre raggiunge ancora l'orgasmo.....i miei occhi su di lei, specchio di se stessa....mostrando quello che e', quello che sempre sara'.....senza parlare.

martedì 11 settembre 2012

Ciambelle e ansia



Quando mi capita di parlare del paese in cui vivo, mi viene l'ansia. Non c'è niente, ma proprio niente. Se devo andare al mare devo prendere l'auto, se devo andare in montagna devo prendere l'auto, devo far la spesa? Devo prendere l'auto. Qualsiasi cosa io debba fare, debbo spostarmi in auto. L'unica cosa che posso raggiungere a piedi è il barbiere, ma a me non serve il barbiere. E poi, li vedi quando passi a piedi, sono tutti li a spettegolare, seduti sulle sedie, ovviamente posizionate ad hoc sul marciapiede, che per passare o ti sposti sulla strada con il rischio di farti metter sotto, o passi nell'altro marciapiede che è fatto di sanpietrini sballonzolanti. Sono peggio delle donne dalla parrucchiera, ti salutano con un sorriso e come ti giri, senti un brusio generale. Ecco, facebook è come il sito del barbiere, tutti sanno tutto di tutti, tutti hanno la verità in tasca, tutti sono migliori dell'altro... 'MO MI VIENE L'ANSIA ANCHE A PARLARE DI FACE!!!!
Ed è li che ti ho incontrato, proprio su face. Ogni volta che ti vedo online, mi viene l'ansia, quel pallino verde dovrebbe darmi il via, invece mi vengono i pensieri, e si sa, non sono una buona persona e la mia testa viaggia sempre a mille. Mi escono sempre dei paragoni, ogni volta che penso a te.
L'ultimo è proprio strano, proprio come me. Sarà che mio figlio ha messo in forno un dolce e il profumo mi stuzzica... ecco, se dovessi paragonarti ad un dolce, saresti per me una ciambella, dolce, morbida e con il cioccolato. Tra una ciambella semplice ed una al cioccolato, credo si preferisca sempre quella più golosa, ovvero quella con il cioccolato. Tu per me sei stato sempre quella con il cioccolato. Mi capisci? E ti ho scelto per tutto il tempo che ti ho avuto. Ti sceglierei anche adesso (forse). Ma nella cucina, se apro lo sportello trovo solo la ciambella alla soia! Uff che noia.
Per non parlare poi di quando ci vediamo, l'unica cosa che sai fare è portarmi al ristorante. Ovviamente non mi  rifiuto. Ma poi me viene l'ansia pure li... "dai prendiamo questo, e pure quello, dai che ti piace". Ti ammazzerei quando fai cosi. Invece no, ti guardo mangiare e penso di nuovo: penso alle tue labbra e al cibo che le sfiorano. Mi faccio tutto un film sui baci e sul cibo, e ti faccio domande inespresse, che rimangono tutte li, nella mia mente. Ci hai mai pensato? Baci e Cibo, hanno quasi le stesse lettere. Stanno bene insieme. Mi piace cibarmi di baci, ma non me ne dai mai abbastanza. Mi stuzzica baciarti cibandomi, avremmo lo stesso sapore. Mi piace il cibo e mi piacciono i baci, mi piaci tu quando mi baci e mi piace anche quando ti cibi. Adoro le tue labbra morbide qualsiasi cosa tu faccia, ma questa è un'altra storia. E allora resto a guardarti cibarti, perché se mi baci, ricomincerebbe tutto da capo e diventerebbe peggio della storiella "c'era una volta un re". Poi mi riaccompagni a casa. Mi sfiori, mi baci (sempre troppo pochi neh!), mi saluti: "Aspetto la buonanotte al cellulare, ciao".....e se ne va! COGLIONE, POTRESTI ANCHE ENTRARE (penso).
Apro il portone ed entro in casa. Mi spoglio, provo a mettermi un pigiama, che puntualmente dentro al letto si arrotola...e si sa, d'inverno quando hai freddo, hai freddo... e non fai altro che spingere in giù quel rotolino del pantalone che insistentemente ritorna su e se è inverno mi si gelano pure le gambe e i piedi. Allora ci rinuncio, e mi metto una maglietta, lunga, ma pure sempre una sciatta maglietta con i disegnini da poppante cresciutella,  se è estate (d'inverno meglio non parlarne, sono tutta un programma) tanto dentro il letto chi mi vede!
Ma torniamo alla mia ansia, che è ormai appurata.
'Mo m'è venuta pure l'ansia da SMS. Ci siamo lasciati da poco, sono a casa, in cucina... voglio mandarti il messaggio della buonanotte. Non è facile, lo scrivo, lo cancello e lo riscrivo di nuovo. Non posso scrivere solo buonanotte, risulterei senza fantasia. Non posso nemmeno scrivere un poema, non ho voglia e non o so fare. Parole dolci? No, non è il mio genere. Idea, apro il pc e vado a copiarmi una di quelle frasi fatte che si trovano su tanti siti internet... ce ne fosse una adatta! Sono le tre e ancora giro con il cellulare in mano e il messaggio ancora non te l'ho mandato. Se te lo mando adesso mi dici che sono una pazza, che cosa ho fatto fin'ora... E che te devo dì, che l'ho scritto e cancellato una decina di volte?? Squilla il telefono, è lui: "Non ho ricevuto ancora nulla", mi dice, "dove sta il messaggio?". Pure lui ancora sveglio? Mah! Rispondo mugugnando, non si capisce quello che dico e lui: "Va bene, buonanotte, vado a dormire"... click, non ho fatto in tempo a dire nemmeno una parola "in chiaro", eppure era li, sulla punta della lingua, ma la bocca era piena della ciambella di prima (sempre alla soia)!!!!!
Nella mia vita ora ci sono due costanti : le ciambelle e l'ansia.
E quel giorno che sei rimasto a dormire a casa mia? Il frigo era vuoto, non avevo nulla da offrirti per colazione, per cui mi sono svegliata presto e sono andata alla coop, ho fatto la spesa ed ho comprato tutti i gusti dello yogurt, so che a te piacciono tanto. Li ho messi in fila, nel frigo, sono tutti colorati, sprizzano allegria. Tu ancora dormi e io apro spesso il frigo, fa caldo, bevo, mi disseto, ma non tocco gli yogurt, aspetto che ti svegli e scegli tu per primo. Mi sarei subito attaccata a quello alla fragola, per poi buttarmi sul verde del kiwi, alla dolcezza va abbinata asprezza. Ma il telefono squilla e devo uscire. Salto il caffè, la colazione può aspettare. esco di corsa da casa, mi avvicino all'auto e mi accorgo di non avere le chiavi. E si sa, lo sapete anche voi, l'ho detto all'inizio, nel mio paese non c'e' un caxxo, devo per forza prendere l'auto. Torno sui miei passi, cavoli ho dimenticato le chiavi di casa. E 'mo! Come faccio? Ovvio che devo avviarmi a piedi, non sono pratica, inciampo, i miei piedi non mi danno retta, ora più che mai con quei tacchi impossibili...  per la fretta ho indossato le prime scarpe che mi sono capitate sotto gli occhi. Vado a casa dai miei, loro hanno una chiave di riserva. Suono, mi danno le chiavi e torno a casa. Sono sudata, accaldata, storta, spettinata... 'mazza che fatica. Prendo le chiavi dell'auto ed esco di nuovo. Salgo sull'auto e mi avvio, non faccio tanta strada, l'auto si ferma, soobbb... ho finito la benzina. Torno indietro, chiamo mio fratello, che abita di fianco (sono proprio una cretina, potevo pensarci prima) e mi faccio prestare la sua auto. Al mio ritorno (ci ho messo un po, azz), tu già te ne sei andato, mi scappa un "vaffanculo và, sei proprio un coglione nato". Vado diretta in cucina, apro il frigo, voglio mangiarmi anch'io uno yogurt, ma cacchio, ne è rimasto solo uno: quello alla vaniglia, triste, solo e dal colore anonimo... che ti venisse il mal di pancia, ma quanto caxxo sei vorace???!!!!
Apro la dispensa, mi accontento di una ciambella. Mentre mangio, penso.... Ahhhh, la mia infanzia! Sono sempre stata una peste  e da piccola lo ero ancora di più, avevo la fissa delle ciambelle ma non avevo l'ansia. A scuola poi, ne combinavo minimo una al giorno. Le ciambelle sono sempre state la mia passione e quando vedevo il mio compagno di banco che mangiava quelle della nonna, lo ricattavo, per farmele dare... "se non mi dai la ciambella, ti rubo il pastello giallo, non puoi colorare il sole, poi glielo spieghi tu alla maestra"... "se non mi dai la ciambella, dico alla maestra che hai messo le dita nel naso"... "se non mi dai la ciambella, dico ai miei mostri nella mia testa dove abiti, poi ti vengono a trovare"... "se non mi dai la ciambella, telefono a tua nonna, gli dico che non le mangi e le butti nel secchio, perché non le fa buone"... Insomma le ciambelle erano proprio buone e non erano alla soia!!!! Come era bella la tenera età, senza pensieri e con le ciambelle buone. Adesso ciò l'ansia e le ciambelle ma non solo nella DISPENSA!!!!