martedì 22 gennaio 2013

Il sogno


Il vento ululava tra gli alberi fuori dalla finestra. Un inverno gelido. Neve e vento colpivano i vetri creando disegni da fiaba. Cercai di dormire, quella notte, sola nella nostra casa. Ma una notte come quella era stata progettata per rimanere in compagnia dei fantasmi che popolavano i miei sogni e la mia mente. Lui mi disse: “Fai qualcosa di divertente in mia assenza, scrivi, crea i tuoi mostri sulla carta, sbattili nella realtà, falli evaporare, trasformali in inchiostro liquido e imbratta quel cazzo di foglio bianco che aspetta da tanto tempo di essere riempito…” lo ripetè sorridendo più volte prima di andarsene, conosceva la mia capacità di creare un dramma dal nulla. Amava il mio spirito creativo, ma conosceva anche il suo costo. Mi spaventavo e cadevo in depressione sulle ondate del vento. Odiavo il vento e tutti i suoi lamenti. Lui si era allontanato per lavoro, la giornata era finita e mi apprestavo ad affrontare la notte. Nella camera solo il buio e il freddo. Chiusi gli occhi e pensai a lui, sperando mi avrebbe cullata e sostenuta nel sonno. Vagai con la mente, mi avventurai oltre la finestra, al di la del vento urlante, raggiunsi un letto a centinaia di chilometri di distanza. Un luogo tranquillo, una stanza immersa in una luce morbida, illuminata da un lampione, in strada, che teneramente tentava di gettare una luce debole al di la dei vetri. Lo vidi, immerso fra le coperte, respirava tranquillo nel suo sonno. Si mosse leggermente, mentre mi avvicinai: “Se posso guardare in un sogno, perché non toccare?” Tirai indietro le coperte. Dormiva nudo, come sempre. Il suo fisico forte, nonostante l’età. L’aria fresca lo scosse e si girò supino, un braccio sopra la testa e uno lungo il fianco. Respirò profondamente, immerso nel sonno. La sua virilità esposta al mio sguardo affamato. Con attenzione a non svegliarlo, salii sul letto e mi sistemai fra le sue gambe. Il suo profumo così vicino e inebriante. Con una mano, esitante, sfiorai la lunghezza del suo membro, la pelle era così morbida, la testa chiedeva di essere baciata. Avevo riempito la gola tante volte del suo potere, ma ogni volta era come se fosse la prima. Accarezzai i testicoli, baciai il glande e poi lo infilai tra le labbra bagnate. In un primo momento la sua unica risposta fu un flebile gemito. Ancora troppo lontano, nel sonno, per comprendere consapevolmente la mia presenza. Ma il ritmo incalzante di un piacere così intenso, non poteva essere eluso per sempre… si svegliò. E una mente sveglia, significava anche un membro sveglio. “Prendilo fino in fondo.” Sussurrò. Immersi il suo pene tra le labbra, si stava indurendo dentro la mia bocca calda e umida. Le mani di lui guidavano la mia testa, tenendola in posizione per istanti interminabili. Lacrime affiorarono agli occhi per la mancanza di aria. Per essere stato svegliato dal sonno dalla carezza umida di un amante, quello era il modo di ricambiare il favore, sciogliere l’animale rabbioso che era dentro di lui. Continuò a scoparmi la bocca, prepotente e incessante, fino al momento in cui riuscì a festeggiare sulla mia pelle, imbrattandomi di liquido caldo. Non era finita. Lui si alzò dal letto e io mi trovai sollevata e scaraventata a terra. Le gambe, rivestite di calze a rete, sorrette dalle stringhe del corsetto rosso che stringeva il mio corpo, divaricate. Ai piedi le decolté rosse come il corsetto, un regalo dell’ultimo San Valentino. Le natiche esposte un richiamo per le sue mani. Il suono della sculacciata colpì la mia mente, più del senso acuto di dolore. Le mani imprimevano il loro marchio sulla pelle, le morbide carni del sedere si stavano scaldando. Poi… le dita si immersero dentro, tra i petali carnosi e rosei. Non rimase deluso, lo sentii sussurrare la parola: “Puttana…” in tono quasi minaccioso. Il mio mondo esplose. Le dita bagnate dei miei umori si spostarono sul mio ano, spinse in profondità, rovistando, mentre il suo pene entrò in un colpo lungo e profondo nella vagina. Strinsi le lenzuola fra le mani, mugolai, piansi, poi lo pregai. Le dita e il membro premevano incessanti, riempivano il vuoto. Scacciai via il freddo, la notte e il vento urlante per raggiungere un’oscurità di gran lunga più potente e infinitamente bella. La mente si perse. Il sogno perfetto. Trasportata da un orgasmo della mente, il mio corpo si scosse, e mentre mi liberai sentii uno schianto. Spaventata nel sonno, alzai il capo per guardare al di sopra delle coperte. La finestra della camera si era aperta, il vento soffiava trasportando piccoli rami e foglie, la neve entrava gelida e pungente. Borbottando contro la tempesta chiusi le finestre e mi fiondai sotto le coperte rabbrividendo. Chiusi gli occhi per tornare al mio sogno. Sapevo non sarebbe tornato, ma anche così percepivo un bagliore di serenità, come se lui fosse stato con me. Mi addormentai all’istante. Una luce intensa mi svegliò il mattino. Un sole brillante si specchiava sulla neve. Scesi dal letto e solo allora mi accorsi del corsetto che indossavo e delle scarpe rosse ai piedi del letto.

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