Venerdì.
Finalmente un’altra settimana si era conclusa. Appena fu fuori dall’ufficio,
allentò il nodo della cravatta e se ne liberò. Il portiere gli aveva già
parcheggiato l’auto sul vialetto dell’azienda che dirigeva e lo attendeva con
le chiavi in mano.
“Buona
serata, Presidente. Ho fatto pulire l’auto come mi ha ordinato.” Parole coronate
da un inchino dell’uomo, sempre molto educato e al suo posto. Riccardo scambiò
le chiavi con una lauta mancia e saltò sull’auto.
A casa, la
prima cosa del venerdì era una doccia, ed era come un rito. Entrava nel box e
apriva l’acqua, senza prima farla scaldare. La prima esplosione faceva sempre
un po’ male, il contrasto era violento: acqua gelida e piatto freddo sotto i
piedi, poi il tepore fino ad arrivare a temperature bollenti. Faceva parte del
rituale, il sibilo dell’acqua e il rantolo basso che eruttava dalla sua bocca,
quando il calore diventava insopportabile e spingeva contro la pelle come una
miriade di aghi. Una sensazione familiare per un processo familiare, ed era in
momenti come questi che si sentiva folle, quasi rasentare la schizofrenia, ma
le sensazioni che provava erano di pulizia assoluta. Forse pulizia da quella
vita che non si era scelto, obbligato a
mettersi alla guida dell’azienda di famiglia quando suo padre venne a mancare.
Poteva sentire letteralmente spostarsi la propria personalità, abbandonare
comportamenti che non sentiva suoi, quelli di tutti i giorni, e si trasformava.
Due personalità completamente opposte. Il Presidente dedito al comando, sempre
in posizione dominante e dal venerdì alla domenica sera…
L’acqua
sul viso, sul petto e sulle gambe, sempre bollente. Poi sul capo, in rivoli
quasi purificatori. Sapeva che da li a un’ora sarebbe stato perfetto, essendo
esattamente chi voleva essere. Ancora un urlo liberatorio e l’ufficio fu in un angolo della mente, voleva sfuggire
alla monotonia del lavoro, l’acqua ancora bollente, ma ora si sentiva pulito,
giusto. Il calore eliminava via l’ultima essenza dell’altro e si fondeva per
essere nuovamente ricostruito. Una mano in su, contro il muro, inclinato, con
la testa in avanti e il flusso deviato sulla schiena. Lottò ancora qualche istante contro l’uomo
dominante e potente, poi chiuse il getto della doccia. Rimase qualche secondo
eretto e fiero, godendosi i caldi vapori del bagno prima di affrontare il
freddo del corridoio che lo portava alla sua camera. La testa e i pensieri
rivolti verso quella donna che lo attendeva. Due giorni di assoluta dominazione
e obbedienza, ma non sarebbe stato lui a comandare. Non sentiva venir meno il
rispetto verso la sua persona. Godeva nel sentirsi amato da quella donna e
ricambiava il suo amore piegandosi, inchinandosi alle sue voglie e capricci,
adorandola come lei chiedeva e ordinava.
Era una
fuga, piuttosto che una routine. Una fuga da tutte quelle persone che lo rispettavano
per i suoi modi e per il suo potere. Riccardo
aveva trovato il suo personale equilibrio sdoppiandosi. Il venerdì attuava la
separazione e mentre uno esauriva il suo potere, l’altro si ricaricava e
guadagnava forza. Un compromesso con se stesso per nascondere la sua vera
natura che nel mondo “normale” nessuno avrebbe approvato, come se una posizione
professionale dominante doveva essere la stessa anche sessualmente.