domenica 10 marzo 2013

Spazi vuoti


Il desiderio si crea nello spazio vuoto, nel silenzio. In quel momento di pausa, la mente si concentra e anticipa il dolore e il piacere, fa stringere lo stomaco, fa brillare la pelle di gocce scintillanti. Le parole non sempre sono necessarie, l’abilità sta nel creare quegli spazi vuoti in modo che l’altro voglia riempirli con i propri desideri nascosti. Poi è vero, ci sono quei momenti in cui il desiderio fisico supera tutto e si agisce, è facile cedere al bisogno fisico e reagire istantaneamente. Creare e vivere nelle attese richiede uno sforzo di volontà immane, vorresti toccare, ma scegli di non farlo, si aspetta in silenzio e fai attendere, solo gli sguardi comunicano il desiderio interiore. E’ una realtà perversa che lascia un’impronta nella mente dell’altro.

9 Marzo



Era un tempio maledetto, mi addentrai con timore e passai le dita tra i geroglifici; era scolpita la sua saga: “Non è una fine, ma sono solo, accartocciato come carta, consunto e rugoso pronto per essere dato alle fiamme. Non morirai con me, e io vivrò nel tuo olimpo. Non sono piccolo come una lucciola, ma un diamante prezioso, luce in un buco nero, nei tuoi ricordi. Sono il sole selvaggio che brucia nel tuo cielo, una costellazione che solo tu puoi capire.”
Era di una bellezza unica quella scoperta tra le rovine di quel tempio, la vita pulsava sotto i muri rotti e fatiscenti, aleggiava una fiamma eterna di vita… che porta alla vita, come un fiore dopo la semina e poi il frutto.
Lo scritto continuava, consumato dal tempo: “Vivrò in eterno nella tua ombra, una creatura selvaggia che romba nel ventre, che sale alla gola e gioisce nel vento. Non vergognarti di quello che nasce e se il tuo cuore ora sa di dolore, presto la storia sostituirà la mia perdita e sarà così: fottutamente colorata. Una vita nuova può sostituir la morte.”

Oggi nessuno ricorda la Donna, io la voglio ricordare così.

venerdì 8 marzo 2013

Relazioni pericolose - Nessun testimone


Steve attraversò il parcheggio, vicino all’auto lo attendeva un uomo con una busta in mano.
“Meritati. Quella puttana doveva morire.” Poche parole, pesanti come macigni, ma non era lui a doversene preoccupare.
Steve non replicò, afferrò la busta e salì in auto. Rimase a guardare allontanarsi l’uomo che l’aveva pagato. L’auto blu al di la della strada che divideva il parcheggio, l’autista pronto con la portiera aperta. Lo vide scomparire all’interno, l’autista chiuse lo sportello, girò attorno all’auto e salì.
Un leggero formicolio lungo la schiena, un piacere quasi tagliente, quando l’auto esplose sotto i propri occhi con un click.

8 Marzo


Sono una Donna 365 giorni l'anno (ogni 4... 366).
Ok, ce l'ho fatta. Ho scelto. Nove componimenti per salire e sedere accanto agli Dei dell'Olimpo, o scendere e sprofondare nel profondo e infuocato inferno assieme al Diavolo e aiutarlo... a fare i coperchi!
Ah ah ah

Orgiastici inviti



Ne è valsa la pena, posso urlarlo al vento. Ore scarse di sonno, il lungo viaggio per rientrare, il ronzio del motore ancora nelle orecchie. Gli occhi ora sono appiccicosi, stanchi, non stanno aperti, un po’ confusa. Le cose che ho visto, quelle che ho pensato di aver visto, le cose che sono successe, sono fotogrammi impressi nella pellicola della mia Kodak d’altri tempi che tengo sempre nella borsa. Un mare ondeggiante di corpi, un serraglio di corsetti, pelle, glitter, vernice, calze a rete. Colpa , o merito, di Giovanni, chimico estroso e folle, entrato in biblioteca e aperto una boccetta con un liquido fumante. Mi aveva avvertito con una mail: “Entra in biblioteca “D’Annunzio” alle 19,30 scoprirai vizi privati e pubbliche virtù” Non so quello che si rivelerà nella camera oscura, ma l’orgia, di sicuro, è impressa nelle mie mutandine.

Relazioni pericolose




“Vieni, fottimi.”
Steve non si mosse, sorrise a malapena. Poi si girò su un fianco e la fissò, un broncio morbido, lievemente triste. Lei allungò una mano a toccarlo. Il campanello suonò.
“Aspetti qualcuno?”
Lui non rispose, si alzò, infilò maglietta e pantalone, andò alla porta. Rientrò con un pacco in mano.
Lei tentò di nuovo: “Vieni, fottimi”. Dischiuse le gambe, un invito. Steve, immobile sullo stipite della porta,  espressione indecifrabile. Sembrava fatto.
Un allarme suonò nel parcheggio, lui andò alla finestra. “La mia auto…”
Prese le chiavi sul mobile ed uscì. Il boato alle sue spalle non lo sorprese.