“Signora… sta bene? Non sono un principe, ma se serve una mano…”
Fluttuo nel tempo, come una triste creatura dimenticata, sognatrice pietosa, non mi vedi...persa nei mondi oscuri della mente Allie Walker
domenica 3 marzo 2013
Guarda dove metti i piedi (Biianca Neve)
“Signora… sta bene? Non sono un principe, ma se serve una mano…”
sabato 2 marzo 2013
Dicotomia
Venerdì.
Finalmente un’altra settimana si era conclusa. Appena fu fuori dall’ufficio,
allentò il nodo della cravatta e se ne liberò. Il portiere gli aveva già
parcheggiato l’auto sul vialetto dell’azienda che dirigeva e lo attendeva con
le chiavi in mano.
“Buona
serata, Presidente. Ho fatto pulire l’auto come mi ha ordinato.” Parole coronate
da un inchino dell’uomo, sempre molto educato e al suo posto. Riccardo scambiò
le chiavi con una lauta mancia e saltò sull’auto.
A casa, la
prima cosa del venerdì era una doccia, ed era come un rito. Entrava nel box e
apriva l’acqua, senza prima farla scaldare. La prima esplosione faceva sempre
un po’ male, il contrasto era violento: acqua gelida e piatto freddo sotto i
piedi, poi il tepore fino ad arrivare a temperature bollenti. Faceva parte del
rituale, il sibilo dell’acqua e il rantolo basso che eruttava dalla sua bocca,
quando il calore diventava insopportabile e spingeva contro la pelle come una
miriade di aghi. Una sensazione familiare per un processo familiare, ed era in
momenti come questi che si sentiva folle, quasi rasentare la schizofrenia, ma
le sensazioni che provava erano di pulizia assoluta. Forse pulizia da quella
vita che non si era scelto, obbligato a
mettersi alla guida dell’azienda di famiglia quando suo padre venne a mancare.
Poteva sentire letteralmente spostarsi la propria personalità, abbandonare
comportamenti che non sentiva suoi, quelli di tutti i giorni, e si trasformava.
Due personalità completamente opposte. Il Presidente dedito al comando, sempre
in posizione dominante e dal venerdì alla domenica sera…
L’acqua
sul viso, sul petto e sulle gambe, sempre bollente. Poi sul capo, in rivoli
quasi purificatori. Sapeva che da li a un’ora sarebbe stato perfetto, essendo
esattamente chi voleva essere. Ancora un urlo liberatorio e l’ufficio fu in un angolo della mente, voleva sfuggire
alla monotonia del lavoro, l’acqua ancora bollente, ma ora si sentiva pulito,
giusto. Il calore eliminava via l’ultima essenza dell’altro e si fondeva per
essere nuovamente ricostruito. Una mano in su, contro il muro, inclinato, con
la testa in avanti e il flusso deviato sulla schiena. Lottò ancora qualche istante contro l’uomo
dominante e potente, poi chiuse il getto della doccia. Rimase qualche secondo
eretto e fiero, godendosi i caldi vapori del bagno prima di affrontare il
freddo del corridoio che lo portava alla sua camera. La testa e i pensieri
rivolti verso quella donna che lo attendeva. Due giorni di assoluta dominazione
e obbedienza, ma non sarebbe stato lui a comandare. Non sentiva venir meno il
rispetto verso la sua persona. Godeva nel sentirsi amato da quella donna e
ricambiava il suo amore piegandosi, inchinandosi alle sue voglie e capricci,
adorandola come lei chiedeva e ordinava.
Era una
fuga, piuttosto che una routine. Una fuga da tutte quelle persone che lo rispettavano
per i suoi modi e per il suo potere. Riccardo
aveva trovato il suo personale equilibrio sdoppiandosi. Il venerdì attuava la
separazione e mentre uno esauriva il suo potere, l’altro si ricaricava e
guadagnava forza. Un compromesso con se stesso per nascondere la sua vera
natura che nel mondo “normale” nessuno avrebbe approvato, come se una posizione
professionale dominante doveva essere la stessa anche sessualmente.
giovedì 28 febbraio 2013
Buffi
gli interruttori dei pensieri, spesso non funzionano e godono di una
vita tutta loro. Impertinenti. Pensi di essere chi li comanda, gli
interruttori, invece sei solo il loro oscuro schiavo, portatore insano
di condensati di parole e idee e confusione e tutto il resto. E tutto il
resto sono i sapori pur essendo inodori: piccanti, dolci, salati,
sapidi e assapori, ti inganni, ti sazi, ti colmi. Alla fine li vomiti
tutti i pensieri, indigesti condensati di una relazione instabile con un
click.
lunedì 11 febbraio 2013
Nessun timore
Nessun timore
Non temo la tempesta,
ne apprezzo la vista e il suono.
I lampi mi illuminano,
il tuono fa rotolare il mio cuore,
il ruggito del vento mi scompiglia i capelli,
la pioggia mi disseta.
E' il suono dell'universo,
e di tutta la sua orchestrale gloria.
Il silenzio è inquietante,
il silenzio è assordante,
urla nella mia testa,
il mio cuore si ferma,
il mio respiro rallenta.
Dammi la cacofonia,
porgimi il caos,
regalami l'urlo del cielo.
Almeno so
che tutto vive,
che è tutto come dovrebbe essere,
come è stato concepito per essere.
La realtà non dovrebbe mai rimanere in silenzio.
La vita non deve mai essere messa in dubbio.
E se prima adoravo i silenzi,
oggi voglio il rumore!
ne apprezzo la vista e il suono.
I lampi mi illuminano,
il tuono fa rotolare il mio cuore,
il ruggito del vento mi scompiglia i capelli,
la pioggia mi disseta.
E' il suono dell'universo,
e di tutta la sua orchestrale gloria.
Il silenzio è inquietante,
il silenzio è assordante,
urla nella mia testa,
il mio cuore si ferma,
il mio respiro rallenta.
Dammi la cacofonia,
porgimi il caos,
regalami l'urlo del cielo.
Almeno so
che tutto vive,
che è tutto come dovrebbe essere,
come è stato concepito per essere.
La realtà non dovrebbe mai rimanere in silenzio.
La vita non deve mai essere messa in dubbio.
E se prima adoravo i silenzi,
oggi voglio il rumore!
venerdì 8 febbraio 2013
Dieci
Dieci, sono arrivata alla vittima numero dieci. Lui aprì gli
occhi, lessi un barlume di sfida, lo sguardo ironico e una smorfia in bocca, improvvisamente
smorzati quando comprese di essere legato. Leccai il suo viso imperlato da sottili gocce
di sudore, imprimere sulle labbra il
gusto della paura era divenuta una costante. “Lo specchio è li…” dissi tirandolo per i
capelli, obbligato a guardarsi. “Scegli tu, vuoi vedere come si soffre o…” Perse
completamente la sua spavalderia, piagnucolò pregandomi di non fargli male. Un
ghigno mi attraversò le labbra, lo imbavagliai. Costretto a guardarsi, non lo
bendai, infilai lo strap-on nel suo pertugio in un sol colpo e accompagnai i
successivi urlandogli: “Nadia…” Accanto a lui la mia firma: “La Fustigatrice di
culi pelosi non perdona.”
L'ultima elucubrazione della sera
Ah, ecco, si, mi ero dimenticata. A un certo punto della vita, ti rendi conto che non te ne frega ‘na mazzabubù il dover giustificare o spiegare cosa fai e cosa non fai. Le idee e i gesti sono miei e nessuno ha il diritto di chiedere spiegazioni. Ognuno di noi, nell’arco di tempo della nostra esistenza, merdosa o buona che sia, fa ciò che credo e quello che più gli aggrada. Non esiste il giusto, come non esiste lo sbagliato, è semplice e naturale. La rabbia e l’impotenza, il rancore e l’odio non fa affatto bene, e il trascorrere gran parte della giornata in questa maniera corrode, ti fa mancare il respiro, pensi che tutti gli altri ti guardano e ti additano come persona sbagliata e da allontanare. Non è vero un cazzo. Questa gente gode nel vederti ombrosa e negativa e allora… fanculo! Non sono ne migliore ne peggiore di tanti altri (ho un tantino l’ego smisurato, questo si, ma oramai son così, sopportatemi, non do fastidio a nessuno, rompo le palle solo a me stessa :D), tento di vivere al meglio delle mie possibilità, non mi creo aspettative, la felicità sta nelle piccole cose (il sorriso di mia figlia è una di quelle) ed è abbastanza. Mi danno noia le persone che cercano l’originalità a tutti costi, l’essere superiori agli altri e lo sottolineano ogni volta rendendoti un moscerino da schiacciare e spremere sui muri. La normalità non è detto che sia sempre accontentarsi o adagiarsi sulla monotonia della giornata (per esempio andare a prendere il pane tutti i giorni, serve pure quello, la bocca e lo stomaco mamma me l’ha fatta), se poi per fare tutto devo prendere l’auto, perché si sa, nel mio paese non c’è un cazzo, giuro che da domani in poi prendo la bicicletta, almeno, tu cretino, hai qualcosa da raccontare di nuovo e penso che per il tuo benessere psicologico potrei anche correre il rischio. Ho un mondo tutto mio, fatto di belle cose e anche di brutte, fatto di noia e anche di gioia, sono autonoma e indipendente, non devo dar conto a nessuno di ciò che faccio e di quello che mi piace e se voglio indossare una maschera, è un mio cazzo di diritto e se voglio invece toglierla è un mio cazzo di diritto lo stesso. Ohhhhh, ritrovo, inaspettata, nel mezzo del cammin della mia vita, la spontaneità. Tante cose ho da raccontarvi ancora, decidete voi, adesso, il vostro ruolo: spettatori silenti, comparse dormienti, attori, primedonne… tutti troveranno il loro posto, un’unica platea, solo posti in prima fila.
La prima volta
Sensazione incandescente e profonda, mi colse alla sprovvista in un primo momento. E quel formicolio lungo la schiena! Erano stati quei piccoli tocchi, sfioramenti della pelle appena accennati, mentre i nodi si chiudevano veloci sulla sua pelle, le mie corde si avvolsero pretenziose, con più vigore di quanto avessi mai pensato di avere. “Fagliela pagare…” Quelle due parole rimbalzarono da una parte all’altra del mio cervello e seppur per gioco, una realtà quella vendetta a comando. Sentivo in me un passeggero oscuro che mi istigava, un demone che si beava di istanti di vita. E lui, li, la mia opera d’arte, strumento e creazione assieme. Impossibilitato a muoversi, mi guardava agghiacciato, in attesa e tremante. In un moto istintivo di coscienza, lo bendai, prima di prendere la frusta in mano e indossare lo strap-on. Un ultimo sussurro al suo orecchio: “Da parte di Tonia…” e la nuova eroina battezzò la sua prima vittima. Accanto a lui la mia firmai: “La Fustigatrice di culi pelosi è in città”.
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